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Smart City. Barcellona chiama Europa: le città motore di Next Gen EU

«Dieci anni fa le smart city erano poco più che dei PowerPoint, oggi le vediamo nelle nostre strade»: così Ugo Valenti, direttore di Smart City Expo World Congress, a margine di uno dei tantissimi eventi che dal 16 al 18 novembre 2021, hanno punteggiato l’appuntamento di Barcellona. Un appuntamento che ha offerto all’ecosistema delle città intelligenti l’opportunità di tornare e incontrarsi in presenza per condividere esperienze, errori, successi e scenari. E per fare tutti insieme un piccolo esercizio prospettico. Io butto giù tre suggestioni che mi porto a casa dopo tre giorni a Barcellona.

Se l’Europa è la benzina e lo Stato mette la macchina, la città è il miglior pilota

«Next Generation Eu pone tante risorse e tanti obiettivi in poco tempo. Il rischio è che gli Stati facciano la scelta facile di investire i grandi fondi in arrivo dall’Europa nel mantenimento di progetti esistenti, in questo mancando al primo obiettivo posto dall’Unione: quello della trasformazione digitale, ecologica e sociale». La sindaca di Barcellona Ada Colau la mette giù dritta, spiega chiaramente qual è il problema. E anche qual è dal suo punto di vista la soluzione: «Bisogna che gli Stati confidino nelle città come catalizzatori e facilitatori della transizione: le città hanno le competenze, la visione e le capacità per dar vita alla trasformazione sostenibile, digitale e sociale».

Se l’Europa mette la benzina e gli Stati il veicolo, sono insomma le città quelle chiamate a pilotare i progetti. A confrontarsi con la sindaca c’era Francesca Bria. Visioni consonanti, le loro: del resto, hanno lavorato fianco a fianco per anni, quando la presidente del Fondo italiano per l’innovazione era assessore per la digitalizzazione e innovazione di Barcellona. «Quello che sta succedendo oggi in Europa – sottolinea Bria – è storico: per la prima volta ci rendiamo conto che non possiamo risolvere un problema globale se i singoli Stati non agiscono insieme. Next Generation è un’opportunità che non possiamo perdere: se sarà solo un approccio burocratico, dall’alto, fallirà. Proprio le città sono il link tra l’Europa e gli Stati. E possono far accadere le cose».

Ita non basta: che cosa può imparare il sistema Italia da Francia, Germania & Co

Città-pilota e Stati-veicolo, dicevamo. Se le città guidano la transizione intelligente, digitale e sostenibile del pianeta, sono soprattutto gli Stati nazionali a dare supporto (logistico, politico, finanziario) a questa transizione. Tutto ciò viene plasticamente rappresentato allo Smart City Expo World Congress, dove i metri quadri degli stand nazionali sembrano replicare gli sforzi e gli investimenti dei vari Paesi.

Dominano la Germania, che squaderna tutti i suoi Länder, la Francia, radunata sotto le insegne del “galletto rampante” de La French Fab, The Nordics, cioè il dream team formato da Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, ovviamente la Spagna. E Poi gli Usa, la Lettonia, il Cile… C’è anche l’Italia con uno spazio a cura di ITA – Italian Trade Agency: una bella occasione per presentare le migliori proposte innovative Made in Italy (ci sono anche gli amici di SUNSPEKER e Graffiti for Smart City), alla quale sarebbe bello affiancare anche il racconto delle migliori pratiche nelle città intelligenti italiane.

ITA fa un grandissimo lavoro, ma non basta: dov’è il racconto dell’ecosistema italiano? Oltretutto, le eccellenze non ci mancano. Al di là delle tantissime startup, basti l’esempio di Milano, che a Barcellona c’era, invitata, a raccontare le proprie migliori pratiche. Il nostro approccio alla transizione intelligente, peraltro, pare apprezzato: perfino “i tedeschi” si sono accorti che (cito le parole del responsabile dei progetti smart della città di Monaco Bernhard Klassen) «dobbiamo perdere la mania per i grandi piani iperdettagliati e imparare a provare, sbagliare, correggere».

Fare intelligente una città significa insegnarle a comunicare meglio

Non basta fare la smart city, insomma. Bisogna raccontarla, condividerla, costruire una comunità consapevole. Per certi versi, bisogna “fare” prima gli smart citizen e poi la smart city. Tantissimi gli spunti arrivati a Barcellona rispetto a questo nodo cruciale. Pesco tra i mille ragionamenti quello di Mark Wheeler, Chief Information Officer della città di Philadelphia: «Il tema centrale per una smart city è: come comunico con i miei cittadini? Come raggiungo tutti, soprattutto le porzioni di popolazione che hanno più bisogno di supporto?». Bene le tecnologie, insomma, ma prima di tutto bisogna mettere le persone nelle condizioni di conoscerle e utilizzarle per trovare in queste una risposta ai propri problemi.

Comunicare con i cittadini, quindi. E poi: comunicare con gli altri territori intelligenti, scambiarsi fallimenti e successi, sfruttare il percorso e le soluzioni conquistati da chi, vicino o lontano, si è trovato a confrontarsi con problemi simili ai nostri. Comunicare, mettere in comune, costruire un patrimonio di saperi, soluzioni e tecniche orientati a vivere meglio, tutti. Noi di Blum lavoriamo immersi ogni giorno nella comunicazione e nell’innovazione e abbiamo costruito un progetto come City Vision – che il 30 novembre e 1° dicembre 2021 celebra il primo evento in presenza (a cui ci si può iscrivere qui) – proprio per questo motivo: perché crediamo che l’intelligenza delle città o è collettiva, condivisa e comunicata, o non è.

Domenico Lanzilotta
Giornalista, co-fondatore di Blum

 

Foto: Domenico Lanzilotta e ufficio stampa Smart City Expo World Congress

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