Agrifood. Scoperto il minerale che accomuna i grandi vini
I cambiamenti climatici stanno sconvolgendo la geografia delle coltivazioni a livello globale. Innalzamento delle temperature, siccità, climi che si trasformano da temperati in tropicali: produzioni agricole tradizionalmente legate ad alcune aree poco per volta stanno migrando verso condizioni climatiche più favorevoli.
Un esempio particolare è quello della viticoltura. Uno studio pubblicato sulla rivista di settore OENO One, ripreso dalla stampa inglese e in Italia dal Corriere della Sera, certifica come l’innalzamento delle temperature stia spostando sempre più a nord la possibilità di coltivare varietà di uve fino a poco tempo fa poco adatte a quelle latitudini.
Nello specifico la Gran Bretagna si prepara a sfidare i grandi produttori di vino italiani e francesi diventando un competitor a tutto campo: non solo spumanti, ma anche vini rossi. Gli studiosi inglesi, elencando le previsioni di temperature e piogge per i prossimi anni, sostengono che il sud dell’Inghilterra può diventare «la patria del Pinot nero», una varietà che fino a poco fa a quelle latitudini non maturava abbastanza per essere vinificata in rosso. Non solo: i cambiamenti climatici potranno incentivare anche il successo di varietà come Sauvignon Blanc, Riesling e Sémillon o altre più resistenti alle malattie, non ancora comunemente coltivate.
Mixed-layer clays, dal Borgogna all’Alto Adige
In questo quadro in costante evoluzione appare chiaro come scienza e tecnologia assumano un’importanza fondamentale per guidare le scelte dei produttori. E quindi il lavoro degli scienziati, ma anche l’applicazione di nuove tecnologie allo studio del clima e della composizione dei terreni.
È il caso di un recente studio, condotto dal ricercatore e geologo di Bolzano Carlo Ferretti, secondo cui esiste un filo rosso che lega i terroir da cui nascono i vini più pregiati del mondo, come Borgogna, Bolgheri, Napa Valley, Bordeaux ed alcuni terreni dell’Alto Adige: un particolare minerale di natura argillosa (mixed-layer clays) che rende il suolo particolarmente fertile e predisposto alla coltivazione di vitigni di alta qualità.
La notizia di questa scoperta, grazie anche al supporto della strategia di comunicazione messa in campo da Blum, è stata largamente ripresa dai media altoatesini ma anche da testate nazionali economiche come Il Sole 24 Ore e su testate di settore, che ne hanno sottolineato le possibili importanti ricadute sulla produzione vitivinicola di alto livello.
Le argille che trattengono l’umidità
«Questo minerale è un elemento fondamentale che aiuta lo sviluppo eco-fisiologico della vite e favorisce la qualità delle sue uve» spiega Carlo Ferretti. «Il fatto che sia presente anche in alcuni vigneti dell’Alto Adige, come in altre zone rinomate del mondo, consentirà ai produttori di investire strategicamente sui vigneti migliori e di produrre ottimo vino. Queste argille inoltre sono molto importanti per la fertilità del terreno, in una componente che arriva al 50% della sostanza organica. Non solo, grazie a questo minerale il suolo è più predisposto a trattenere l’umidità: tutto questo si traduce in una maggiore sostenibilità ecologica della vigna e in una più favorevole predisposizione all’agricoltura biologica».
La scienza a supporto della viticoltura
Ferretti nel corso della sua indagine ha sviluppato un approccio analitico multi-tecnico, testato su 50 campioni di terreno prelevati da vigneti di tutto il mondo, per produrre un database preciso e comparabile di tutti i componenti minerali del suolo. I mixed-layer clays sono studiati con attenzione in altri campi scientifici – ad esempio nelle perforazioni profonde per la ricerca d’idrocarburi – ma non ancora nei suoli dei vigneti, né mai sono stati comparati nel mondo. La ricerca ha potuto dimostrare che sono un elemento che accomuna alcuni vigneti molto rinomati – ad esempio Bolgheri, Borgogna, Napa Valley, Bordeaux e Alto Adige – e, dal punto di vista pratico, ne ha inoltre misurato l’alta importanza per la fertilità del suolo.
Nel suolo il segreto dei terroir
Le ricadute pratiche per i produttori vitivinicoli possono essere di grande rilevanza. Le argille a strato misto potranno d’ora in poi essere misurate e considerate negli studi di valutazione della qualità del suolo come indicatori predittivi specifici della qualità del terroir. In questo modo sarà più facile investire sui vigneti migliori, capaci di produrre vini di alta qualità. Uno strumento in più, frutto del lavoro degli scienziati e di innovative tecniche d’indagine, che può aiutare viticoltori e produttori di vino ad affrontare le sfide dei prossimi anni.