Ucraina. La guerra e il ruolo di media indipendenti e social
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, iniziata il 24 febbraio, dopo due settimane non accenna a fermarsi. Mentre scorriamo impotenti le terribili notizie dal fronte, il quadro dell’informazione europea muta sotto i nostri occhi: se è vero che la prima vittima in una guerra è la verità, e che la propaganda non risparmia un colpo, esistono ancora sul campo realtà che provano a proporre un’informazione indipendente e credibile. Per sostenerle, nei giorni scorsi sono state lanciate diverse campagne che hanno raccolto alcuni milioni di dollari.
Crowdfunding e criptovalute per sostenere il giornalismo
Oltre 1,5 milioni di dollari sono stati raccolti (al 6 marzo) da una coalizione formata tra gli altri dal think tank The Fix – un osservatorio su formule editoriali e business model innovativi nell’industria dei media, che ha sede a Londra ma i cui fondatori hanno lavorato o lavorano in Ucraina e in altri paesi dell’Europa orientale –, dall’iniziativa editoriale paneuropea We Are Europe e dall’ong ucraina Media Development Foundation. Tra le diverse modalità per inviare denaro, è stata aperta una campagna di crowdfunding su Gofundme, intitolata “Keep Ukraine’s media going”, che ad oggi ha raccolto oltre 800mila sterline.
I fondi raccolti, come si può leggere nel dettaglio in questo articolo, vengono utilizzati per dare supporto finanziario d’emergenza, sostenere 46 testate regionali e locali in Ucraina, quattro media nazionali e una redazione dedita al giornalismo investigativo, e per aiutare singoli giornalisti e social media manager ucraini a spostarsi in paesi sicuri dell’Unione Europea.
Un ruolo importante ha anche il mondo crypto. Parte del denaro frutto delle donazioni serve a creare portafogli elettronici per la raccolta fondi tramite criptovalute per i media ucraini. Infine sulla piattaforma Vault è stata creata una linea di supporto tramite acquisto di NFT a sostegno di tre testate ucraine: Ukrayinska Pravda, Novoe Vremya e Hromadske.
Il caso The Kyiv Independent
Sempre su Gofundme, la testata The Kyiv Independent ha avviato una campagna autonoma che ad oggi ha raccolto oltre 1,2 milioni di sterline. Questa testata ha una storia particolare ed è diventata un po’ il simbolo, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, delle voci libere presenti nel paese. Una storia che nasce dal Kyiv Post, per 25 anni il principale giornale in lingua inglese pubblicato in Ucraina, che improvvisamente l’8 novembre 2021 ha sospeso le pubblicazioni per volontà dell’editore Adnan Kivan, imprenditore del settore edilizio di Odessa.
Come ricostruisce questo articolo di Global Voices, la redazione rimasta senza giornale ha lanciato una campagna di sottoscrizione – #SaveKyivPost – per poi fondare una nuova testata, appunto The Kyiv Independent, diretta dall’ex vicedirettrice del Kyiv Post Olga Rudenko, e in partnership con Jnomics, società di consulenza attiva tra Ucraina e Regno Unito fondata da due ex membri del Kyiv Post, Jakub Parusinski e Daryna Shevchenko. Jnomics è anche la promotrice del progetto The Fix, che ha promosso una serie di webinar con esperienze innovative di giornalismo nell’Europa dell’Est: su blum.vision potete leggere i nostri resoconti degli incontri sui modelli e tool di membership e sull’utilizzo di social e app di messaggistica come TikTok e Telegram.
The Kyiv Independent è cresciuto grazie a formule di membership come Patreon, ma ha avuto un vero salto di visibilità nelle tragiche ore dello scoppio della guerra, accreditandosi come principale fonte giornalistica locale in lingua inglese: su Twitter è la testata è passata da 20mila a 1,8 milioni di follower (ad oggi, un dato probabilmente destinato a crescere ancora). A suggellare questo ruolo guadagnato sul campo è arrivata il primo marzo la citazione della testata da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel suo intervento alla plenaria straordinaria del Parlamento europeo a Bruxelles.
⚡️European Commission President Ursula von der Leyen quotes the Kyiv Independent during a speech to European Parliament.
— The Kyiv Independent (@KyivIndependent) March 1, 2022
I media russi silenziati e il ruolo dei social
In uno scenario in continuo movimento, sempre su The Fix David Tvrdon ha provato a fissare in un articolo otto tendenze di cambiamento dello scenario europeo dei media innescate dalla guerra in Ucraina. Tra queste c’è la decisione di molti governi occidentali di silenziare le edizioni locali dei media di propaganda russi come RT e Sputnik, una decisione che ha un particolare peso nei paesi dell’ex Patto di Varsavia dove questi hanno una forte influenza sull’opinione pubblica.
D’altra parte, in Russia, il governo di Putin ha approvato una legge che, con il pretesto di fermare le «fake news» sul conflitto, ha messo di fatto la museruola all’informazione non allineata al potere – anche se Tvrdon segnala nel suo pezzo che c’è chi resiste, come il sito Meduza che lavora «in esilio».
Il New Yorker ha approfondito il ruolo dei social parlando, in un articolo, di «prima guerra di TikTok», in cui i contenuti video relativi al conflitto diventano virali. Una sorta di evoluzione all’ennesima potenza del ruolo che Twitter aveva avuto durante le «primavere arabe» del 2011.
Infine il ruolo delle app di messaggistica criptate come Telegram e Signal è sempre più utilizzato per diffondere informazioni sul conflitto, anche da parte dei media stessi. Su Google Play, in Ucraina, le due applicazioni sono le più scaricate, superando anche WhatsApp.
Giulio Todescan
Content & media relations strategist, Blum