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Posta per te. Le newsletter tra giornalismo e brand

Valutazione: 75 milioni di dollari. Non è una startup attiva nell’ambito healthcare e neppure una soluzione tecnologica che sfrutta l’intelligenza artificiale. Morning Brew è una newsletter, lanciata cinque anni fa da Alex Lieberman e Austin Rief, studenti dell’Università del Michigan, e acquistata l’autunno scorso da Insider.inc, media company dietro Business Insider. Con aggiornamenti quotidiani ai propri iscritti sulle notizie legate all’ambito tech, economico e startup la sua è soltanto una delle numerose storie di successo internazionali e italiane. Da anni l’avanzata delle newsletter ha investito anche i media tradizionali, che si sono adeguati a una nuova esigenza da parte dei lettori. Le notizie, mordi-e-fuggi o in modalità longform da week end, non si trovano per forza sui social. La casella mail è un luogo più calmo. E siamo noi i padroni della nostra dieta informativa.

Contenuti di qualità per una nicchia

Lanciare una newsletter è un’operazione facile, non certo più complessa di aprire un sito. Online sono disponibili software gratuiti per iniziare a spedire contenuti ai propri iscritti e questo incentiva liberi professionisti e aziende che vogliono sperimentare nuove modalità di comunicazione. Comunicazione che si fa versatile, su misura per ciascuno scopo. Dalle direct email marketing (DEM) alle newsletter editoriali l’obiettivo è offrire gratuitamente (o a pagamento) prodotti di valore per una nicchia. Termine utilizzato non a caso: al posto di tanti anonimi nella casella follower, con la newsletter il rapporto guarda alle vere e proprie community. Uno dei terreni più fertili per le newsletter parte proprio dalle comunità locali: di recente il giornale online Il Post ha infatti lanciato Colonne, contenuto settimanale che racconta le notizie di Milano. In un paese fatto di 8mila comuni quante storie potrebbero essere raccolte in questa modalità?

Le mani dei social sulle newsletter

L’onda lunga delle newsletter viene cavalcata anche dai social. LinkedIn ha lanciato un tool interno per content creator e utenti che vogliono rafforzare il legame con i propri contatti. Twitter ha addirittura comprato Revue, startup olandese che consente di monetizzare con le newsletter.

Jack Dorsey

Jack Dorsey, CEO della piattaforma al centro di mille polemiche dopo il ban permanente di Donald Trump, ha in mente una rivoluzione per internet e il mondo social, che si potrebbe riassumere con il termine decentralizzazione. Dal momento che sette adulti su dieci negli USA utilizzano Twitter per informarsi, è dunque ipotizzabile un futuro in cui le piattaforme ospitino contenuti a pagamento per alzare il livello delle discussioni e far sì che ogni iscritto possa sentirsi non bombardato dalle notizie.

I brand ci mettono la faccia

Opportunità di crescita coinvolgono anche le aziende e i professionisti di comunicazione e marketing. Newsletter come Ellissi di Valerio Bassan, esperto di strategia digitale, valgono come appuntamento settimanale in cui esperti del settore possono aggiornarsi, cercando di capire come anche i brand possono coltivare un rapporto stabile e proficuo con il proprio pubblico. In merito alla comunicazione aziendale vale infine il contributo di Seth Godin, autore di successo e profondo conoscitore della comunicazione. In un’intervista esclusiva a Il Sole 24 Ore ha spiegato la sua visione sul cosiddetto brand activism: «Per me – ha spiegato – l’unico trend da seguire è quello di essere umani nella relazione e gestione del cliente […] Il cliente non sceglie un brand perché è il più economico, ma perché si prende cura di lui, lavora indefessamente per lui, lo difende e per farlo ci mette la faccia». Sempre di più, la newsletter è uno dei modi in cui questo avviene.

Alessandro Di Stefano
Giornalista, collabora con StartupItalia! e Blum

 

Foto di copertina di Markus Winkler da Unsplash

Foto di Jack Dorsey di Mark Warner, CC BY 2.0, da Wikimedia Commons

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