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«Oltre lʼinnovazione», il Covid e il racconto della tecnologia

È in libreria il primo numero di Relazioni:, un trimestrale che si interroga sui sistemi di relazione nelle nostre vite sempre più connesse alle nuove tecnologie. Edito da Luca Sossella Editore e diretto da Stefano Lai, è promosso da un gruppo trasversale di professionisti della comunicazione che si è dato il nome di Aprilanti e che ha iniziato a ragionare in modo critico sul ruolo della comunicazione stessa in un mondo sempre più segnato dalle disuguaglianze. Dal primo numero pubblichiamo uno stralcio di un intervento di Luca Barbieri, co-founder di Blum, dal titolo «Oltre l’innovazione». L’indice del primo numero si può leggere qui, mentre qui ci si può abbonare alla rivista.

Oltre l’innovazione

Nel corso dell’ultimo decennio il mondo della stampa 3d, dei fablab e dei maker space – luoghi diffusi di fabbricazione digitale – è rimasto sospeso in una sorta di limbo, tra artigianato, amatorialità e retorica dell’innovazione; una destinazione esotica buona per esibire a giornalisti e decision maker strani esemplari di giovani che “fanno cose”. Come fosse uno zoo.

Così, mentre molte aziende scommettevano sulla prototipazione rapida, per gran parte dell’opinione pubblica le stampanti 3d sono ancora quelle cose che permettono di avere un “mini-me” sulla scrivania. I fablab e i maker space, anziché essere considerate fabbriche, sono “acquari” in cui ammirare macchine e programmatori: un po’ scuola, luogo d’incontro di saperi e generazioni, un po’ coworking. Carino, ma niente cui prestare veramente attenzione.

Poi, tra febbraio e marzo, il mondo è cambiato. Con il Covid-19 abbiamo scoperto che la globalizzazione del sistema produttivo è economica ma molto pericolosa: in emergenza, quando l’egoismo nazionale prevale sullo spirito di cooperazione internazionale e chiude i mercati, intere parti del globo rischiano di restare senza componenti fondamentali. Come mascherine e respiratori. Ed è qui che, usciti dal cilindro, tornano alla ribalta maker space e fablab. A Brescia, raccogliendo l’idea di un primario, Isinnova trasforma una maschera da snorkeling in un respiratore, producendo pezzi su misura con la stampa 3d. Il caso fa scuola e i fablab d’Italia iniziano a produrre visiere, componenti per respiratori, mascherine. Charlotte, la valvola disegnata da Isinnova, permette di riadattare oltre 150mila maschere in tutto il mondo. Il paese scopre di avere una risorsa manifatturiera in più. Era sotto gli occhi di tutti, ma non la vedevamo. E non era l’unica cosa a sfuggirci.

Come è noto ogni crisi, ogni cambiamento, contiene delle opportunità, e ha i suoi vincitori e i suoi vinti: settori che declinano, nuovi protagonisti che riescono a mettere a frutto un’idea che era semplicemente in anticipo sui tempi, imprese che devono ridefinire in corsa strategie e politiche per evitare uno schianto a tutta velocità. Inoltre, questa non sembra affatto una crisi: è ragionevole pensare che il mondo attuale rimarrà plasmato dal Covid-19 anche quando il Covid-19 non ci sarà più. Perché l’attenzione e i valori delle persone e dei decisori sono cambiati, perché la durata e la vastità del fenomeno sono tali da ridefinire priorità e frame di riferimento. Il punto, nel vortice di questa accelerazione, è provare a capire se stiamo andando bene o male, se i vincitori siano, in massima parte, quelli giusti, se questa crisi sia un setaccio per l’oro o un generatore di fuffa. Propenderei per la prima ipotesi, quella positiva. D’altra parte, venendo da un decennio di fuffa e storytelling esasperato sull’innovazione, non è difficile accogliere con fiducia il cambiamento.

Quando parliamo di innovazione parliamo anche e soprattutto di comunicazione. L’hype dell’innovazione parte in Italia nel 2012: con il decreto Passera, il governo Monti “inventa” – letteralmente dal punto di vista giuridico – le startup. L’Italia è in crisi, e l’innovazione e le startup diventano un espediente psicologico e narrativo per dare speranza (e illusioni) a tanti giovani. È un trend che non si è ancora esaurito, ma si è profondamente evoluto: le startup sono oltre 11.000 e dentro ci si trova di tutto; nel mondo dell’informazione nascono testate di settore specificamente dedicate al tema, ma tutti i giornali mainstream parlano di innovazione e startup e, alla fine, quel che rimane è soprattutto un modo in più per mettere in risalto l’economia che ce la fa. In un paese come il nostro, non è poco.

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Progetto fotografico

Il progetto fotografico che accompagna l’articolo è a cura di PUTPUT. PUTPUT, progetto fondato nel 2011 da Stephan Friedli e Ulrik Martin Larsen, attualmente con sede a Copenhagen, è l’incontro visivo e concettuale di due menti. Tra input e output, PUTPUT indugia sull’incrocio sempre più trafficato in cui si incontrano fotografia, scultura e design. Una fascinazione condivisa e profondamente radicata per le relazioni metafisiche che legano gli oggetti di uso quotidiano guida la loro visione, che trasfigura l’ordinario in straordinario.

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