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Ermete Realacci e la città futura: cuore antico e sfide tecnologiche

Un cuore antico e la capacità di accogliere nuove sfide tecnologiche: la città del futuro è un punto all’incrocio tra questi due assi, e può trovare nella grande tradizione urbana dell’Italia l’ambiente ideale per fiorire. Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e figura di spicco dell’ambientalismo italiano, ha offerto questa visione aprendo i lavori di City Vision Smart Energy & Building Forum, intervistato da Domenico Lanzilotta.

Nel rapporto “Economia circolare e città verdi” realizzato da Symbola insieme all’Iila – Organizzazione internazionale italo-latino americana si legge: «La città è uno dei prodotti più riusciti della specie umana». Come deve cambiare la città sul fronte dell’energia, per restare ancora uno dei più riusciti prodotti della specie umana?

 

«Può farlo se conserva le parti positive e innova dove necessario – afferma Realacci –. Il rapporto citato ha visto lo scambio tra esperienze realizzate in America Latina e in Italia su questi temi. La nostra storia è legata alle città, da un signore che traccia un solco per fondare Roma alla nascita di Venezia. C’è uno slogan medievale di origine tedesca che dice “l’aria delle città rende liberi”, che in realtà è stato praticato molto in Italia, dove nel medioevo alcune città, penso a Bologna, riscattavano i servi della gleba, che poi diventavano artigiani e costruivano nuove economie. Le città, la loro bellezza, sono per l’Italia un elemento costitutivo. E adesso? Abbiamo nuove sfide, legate alla sostenibilità, al contrastare la crisi climatica, all’economia circolare. Sfide nelle quali l’Italia spesso è più avanti di quanto noi pensiamo, pur con grandi contraddizioni».

I record italiani nella circular economy

«Pochi sanno che nell’economia circolare l’Italia è di gran lunga il Paese europeo più forte, che recupera più materie prime nei cicli produttivi – prosegue il presidente della Fondazione Symbola –. Noi recuperiamo il doppio delle materie prime della media europea, molto più della Germania, e anche nella raccolta differenziata urbana abbiamo esperienze straordinarie. In provincia di Treviso 100 comuni superano l’80% di raccolta differenziata, e Milano è tra le città europee con oltre un milione di abitanti, insieme a Vienna, quella con la raccolta differenziata più alta, e per quanto riguarda l’umido la più alta al mondo».

Esperienze che hanno una ricaduta immediata sul fronte dell’energia: «Dal recupero delle materie prime risparmiamo ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate di emissioni di Co2. Ma lo stesso vale nella nuova edilizia, che ha visto aumentare i posti di lavoro tra il giugno 2019 e il giugno 2021, quindi con la crisi pandemica in mezzo, di 132 mila unità. È una nuova edilizia, legata alla riqualificazione, agli incentivi per il risparmio energetico, per la messa in sicurezza antisismica. Quindi oggi parlare di città significa parlare di un cuore antico e anche delle nuove sfide tecnologiche».

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La costituzione di Siena e la bellezza della città

Il futuro si può costruire sulla base di una sapienza antica, quella distillata dalle antiche istituzioni municipiali del Belpaese: «Io amo un brano della costituzione senese del 1309 – rievoca Ermete Realacci nel suo intervento a City Vision –. I senesi non erano certo dei seguaci del medoto Montessori, erano molto aggressivi, ma nel 1309 scrivono una costituzione bellissima in lingua volgare, perché tutti la dovevano capire, e l’affiggono in tutte le chiese affinché tutti possano conoscerla. Ci sono tre righe di questa costituzione, che sembrano la sceneggiatura del ciclo di affreschi L’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, che verrà dipinto qualche decennio dopo: “Chi governa deve avere a cuore massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. Conserviamo questa radice, valorizziamola e investiamo sulle nuove tecnologie, siano esse le fonti rinnovabili, il risparmio energetico, l’economia circolare, il recupero del verde, e daremo vita a un futuro più forte per le nostre città».

 

Città intelligente è anche la rete delle aree interne, dei piccoli borghi, un ulteriore spunto per la ripartenza dell’Italia. Come possiamo rendere i borghi propulsori del cambiamento?

 

«Innanzitutto guardandoli con occhi diversi – risponde Realacci, primo firmatario della legge sulla valorizzazione dei piccoli comuni –. Diceva Proust che un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi. I borghi non sono un piccolo mondo antico da guardare languidamente mentre scompare, sono una scommessa sul futuro. Bisogna aiutarli non tanto e non solo con finanziamenti a pioggia, ma con politiche che ne facciano risaltare i punti di forza, e che coincidono abbastanza fortemente con le politiche che l’Europa ci chiede: coesione, transizione verde, digitale».

I borghi, culla di una nuova economia

«Oggi per essere competitivi nel mondo serve avere la banda larga più che una ciminiera che fuma dietro, e la bellezza dei nostri borghi, la loro qualità, è un elemento essenziale della nostra economia – ricorda il presidente di Symbola –. L’economista Carlo Cipolla diceva che la missione dell’Italia è produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo. Io sono sicuro che un’Italia che fa l’Italia non può che partire dalla qualità della vita, dalle relazioni umane, dalle città, dai borghi. Questo è ciò che ci rende forti e che ci aiuta anche a contrastare la crisi climatica e la pandemia, valorizzando il meglio della nostra identità. Da una ricerca di Fondazione Symbola e Coldiretti emerge che il 92% delle Dop e delle Igp, i prodotti agricoli di maggiore qualità dell’Italia, hanno a che fare con i piccoli comuni. Ragioniamoci sopra».

 

Foto di copertina: Siena, di Kristof Van Rentergem da Unsplash

Foto interna: turbine eoliche in Toscana, foto di Chris Barbalis da Unsplash

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