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Sfida social. I media alle prese con Telegram e TikTok

«Sperimentare è la cosa migliore, senza paura di esitare». Da diverse settimane in tanti lo fanno su Clubhouse. Dal 2019 diversi media, anche in Italia, sono attivi su TikTok, il gioiello tech di ByteDance. E da un decennio a questa parte tutta la stampa ha cavalcato più o meno bene l’onda dei social. Maria Leonova lavora per Hromadske, media ucraino che ha sposato la strategia digital per intercettare lettori e utenti sul web, e di questo ha parlato durante un webinar della conferenza Media Revolutions, organizzato da The Fix Media (di cui abbiamo già scritto qui, con riferimento a un panel sui modelli di membership). «Hromadske significa community in ucraino – ha spiegato –. Da ottobre scorso abbiamo intervistato 300 persone pubblicando brevi video su TikTok: la soluzione vox populi fa sentire le persone più vicine ai media».

Vecchi format su nuovi media, l’errore da non fare

Principali gate di accesso ai siti dei quotidiani, le piattaforme come Facebook sono ormai indispensabili per garantire le visite. Per saperle però sfruttare al meglio – e convertire così lettori occasionali in potenziali abbonati – occorre conoscerle. Restando su TikTok i numeri parlano di un social con un miliardo di utenti mensili; il tempo medio di permanenza quotidiana è di 52 minuti; e il 30% delle persone iscritte ha tra i 20 e i 29 anni. E qual è l’errore tipico? «Molte emittenti sparano pezzi di trasmissioni tv direttamente su TikTok – ha sottolineato Leonova – e così mostrano di disinteressarsi delle sue regole». Come se non bastasse, a questo si aggiunge il muro della reach organica, ovvero quel numero massimo di visualizzazioni che gli algoritmi delle piattaforme offrono a utenti e pagine senza dover pagare.

@hromadskeСьогодні день народження Тараса Шевченка. Продовжіть вірш у коментарях 😁 ##тарасшевченко ##кохайтесячорнобриві ##шевченко ##ТГШ##укрліт##література##укрмова♬ оригінальний звук – hromadske

Modello The Economist: a ogni piattaforma la sua strategia

«I social media sono il modo più facile di raggiungere le persone. Poi però bisogna convertirle in lettori e abbonati» ha aggiunto Kevin Young, Head of audience a The Economist. «Se hai 60 milioni di follower è un ottimo punto di partenza, ma se non cliccano diventa un problema». Ecco allora che l’obiettivo delle testate e della stampa in generale consiste nell’adoperare il giusto linguaggio per ciascun social, per aumentare la percentuale di persone che escono dai portali e vanno a visitare i siti. «The Economist – ha commentato Young – ha cambiato la sua strategia per ogni piattaforma: Instagram è diventata la vetrina dei migliori contenuti visuali, su LinkedIn instauriamo conversazioni con gli utenti e su Facebook pubblichiamo solo il meglio». Insomma i social rappresentano la vetrina che deve invogliare il lettore ad entrare.

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Telegram leader a est

L’altro strumento che continua a crescere, soprattutto nell’est Europa, è Telegram. Non classificabile propriamente come un social network, questa piattaforma di messaggistica instaura dinamiche analoghe per nicchie e community grazie ai gruppi e ai canali. Ne ha parlato Zakhar Protsiuk, cofounder ed editor di The Fix Media. «Innanzitutto non ci sono algoritmi e quindi l’utente ha maggiore controllo del proprio feed aggiornato in ordine cronologico. Nell’est Europa è la principale fonte di informazione per i giovani: in Bielorussia Telegram ha fornito la copertura live per le proteste di piazza dei mesi scorsi».

Al di là però del bacino follower o iscritti, ogni piattaforma richiede consistency, ovvero costanza nel mantenere vivo e sincero il dialogo con chi sta dall’altra parte del display.

Alessandro Di Stefano
Giornalista, collabora con StartupItalia! e Blum

 

Foto di copertina di Pete Pedroza da Unsplash
Foto Telegram di Christian Wiediger da Unsplash  

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