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L’evento è un software. Note dal Web Summit di Lisbona

Il motore immobile della maggiore conferenza al mondo dedicata al web è un sistema operativo basato sul cloud. Si chiama Summit Engine ed è stato sviluppato silenziosamente negli ultimi dieci anni: dopo aver consentito di svolgere interamente online l’evento durante il lockdown, Summit Engine ha appena esordito nella sua modalità ibrida (fisica e online) al Web Summit di Lisbona. Un Web Summit a realtà aumentata, vissuto dagli oltre quarantamila presenti con l’occhio costantemente sullo smartphone e la app dell’evento aperta: notifiche, messaggi, streaming di tutte le sale, aggiornamenti sul programma, un social efficientissimo che permette a tutti i visitatori di connettersi e incontrarsi dal vivo. Di trovarsi, come aghi in un pagliaio. E poi, terminato l’evento, scaricare i dati. A metà tra un social e un Crm. In tempi di dibattito sul metaverso (ci torneremo) un’indicazione preziosa sul presente degli eventi che navigano tra online e offline.

La app Summit Engine

La app del Web Summit

Anche il CES sceglie Summit Engine

I numeri del test sono considerevoli: con oltre quarantaduemila partecipanti – nel 2019 erano stati settantamila – il Web Summit ha segnato il ritorno dal vivo dei grandi raduni di innovatori. In quattro giorni si sono alternati su decine di palchi quasi 800 speaker in 1.333 talk, 1.519 startup e 872 investitori. Tutto regolato come un metronomo da Summit Engine, software che dalla prossima edizione sarà la piattaforma che farà «girare» anche il CES di Las Vegas, ed è la vera arma segreta del Web Summit: ne ha costruito la fortuna e fa della società di Paddy Cosgrave – cofounder del Web Summit – un gigante della tecnologia ancor prima che dell’entertainment e del business matching.

«Quasi tutto il software che utilizziamo è scritto da noi. Il fatto che il più iconico evento del settore – il CES – si svolga il prossimo gennaio online e offline sulla nostra piattaforma, ci riempie di orgoglio», ha detto il Ceo. «Senza Summit Engine organizzare un evento in tempi così compressi sarebbe stato molto complesso: solo a giugno non sapevamo se avremmo tenuto l’evento e lo scorso agosto ci aspettavamo un evento da 2/3mila persone». Si è arrivati a 42mila. Un’accelerazione incredibile che si è riflessa in un programma sovrabbondante e difficile da maneggiare. C’era chi voleva esserci: e nessuno si sarebbe aspettato fossero veramente così tanti. Startupper, investitori, imprese. Tutti regolati e connessi da un software che, scalando al Ces (connessione wi-fi permettendo: a Las Vegas è sempre stato un tasto dolente), potrebbe diventare il vero sistema operativo degli eventi legati all’innovazione.

Paddy Cosgrave foto Silvia Fabbi

Paddy Cosgrave, foto Silvia Fabbi

Il nuovo volto di Lisbona

Se Summit Engine è il vero software di Web Summit, Web Summit, un evento-quartiere dove non circola denaro fisico e con una connessione ad altissima velocità, sta diventando il vero software di Lisbona, accelerandone l’evoluzione. Da quando ha strappato il Web Summit a Dublino, nel 2016, la capitale portoghese ha cambiato pelle: startup, incubatori, grandi investimenti sul deep tech e una città diventata molto più smart. Un cambiamento pagato molto caro: il contratto firmato nel 2018, della durata di 10 anni, è costato alla città 110 milioni di euro.

«Il premier spagnolo Pedro Sanchez – ha rivelato Cosgrave – mi ha proposto tre città diverse, ma la partnership con Lisbona funziona benissimo e continuerà fino al 2028». Secondo uno studio del governo portoghese, un po’ controverso e da alcuni giudicato sovrastimato, a fronte di un investimento annuo di 11 milioni di euro il ritorno sul territorio è di circa 300 milioni: a beneficiarne non sono solo hotel e ristoranti, ma anche 250 giovani assunti per lavorare all’evento e soprattutto la nascita di un ecosistema innovativo fatto di startup e digital companies. Un investimento a lungo termine (viene da domandarsi se in Italia sarebbe possibile) di cui si iniziano a vedere i frutti. Tanto che il nuovo sindaco di Lisbona, Carlos Moedas, ha annunciato, intervenendo nella serata di apertura, la nascita di una «Unicorn Factory»: un luogo (e un processo) per creare nuove big tech che superino presto la valutazione di 1 miliardo di euro creando nuova ricchezza per il Paese.

Praça do Comércio a Lisbona

I trend

Venendo ai temi del Summit (e al Metaverso), nella sovrabondanza di conferenze si intravedono alcuni trend: il primo è costituito dal naturale riequilibrio di genere anche nel mondo dell’innovazione, con le donne a costituire per la prima volta nella storia del Web Summit la maggioranza dei visitatori; e poi la sostenibilità, degli algoritmi e della programmazione, ma anche della conquista dello spazio; le cryptovalute e la cryptoeconomy, con i Non fungible token che stanno rivoluzionando il rapporto tra società sportive e fan; e poi un tema forse inatteso, composto da mille rivoli – inclusione, diversity, sostenibilità sociale – un calderone di istanze che dalla società arrivano alla tecnologia e travolgono le Big Tech.

Web Summit

Attacco a Meta

Sul banco degli imputati a Lisbona è salita Meta, ovvero il rebranding di Facebook appena portato a compimento da Mark Zuckerberg. In apertura la whistleblower Frances Haugen ha sferrato un durissimo attacco contro la non volontà della società di Menlo Park di risolvere i problemi – dalla polarizzazione alle fake news – che Facebook ancora crea. I chiaroscuri della piattaforma, e della sua governance, sono stati esaminati a fondo e portati al centro del dibatto.

La difesa, rappresentata da Nick Clegg e Chris Cox, è stata un autogol: entrambi da remoto (scelta molto criticata), reticenti sulle accuse principali, evasivi su un Metaverso rappresentato da animazioni che hanno fatto rumoreggiare e ridacchiare la platea. Che sia questo il futuro immersivo in cui confluiranno esperienza fisica e digitale lo dubitano in molti. Ma se si sapeva che la community degli sviluppatori non ama particolarmente Facebook ed è molto scettica su Meta, meno scontata era questa avversione così plateale e diffusa. Ci sarà di mezzo, anche, un po’ di sano europeismo tecnologico. La prima Big Tech targata UE potrebbe nascere proprio qui.

Luca Barbieri
Giornalista e imprenditore, co-founder di Blum

 

Foto di Luca Barbieri eccetto dove indicato diversamente

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